Quando è iniziata questa emergenza ho deciso che non avrei scritto nulla in merito agli eventi che stanno accadendo né sull’impatto psicologico che il Covid ha e avrà su tutti noi. Tante, forse addirittura troppe, informazioni stanno circolando. Informazioni che ci travolgono, ci confondono e affollano in maniera totalizzante i nostri pensieri. Ecco, di tutto questo, così come delle strategie per “sopravvivere” alla quarantena, penso che già molto sia stato detto.
Quello che però stavo pensando in questi giorni, e che mi piacerebbe condividere in queste poche righe, è che mi sto rendendo conto come siamo tutti molto concentrati sul presente. Il passato, oltre ad essere cronologicamente passato, lo consideriamo una dimensione ormai perduta, le cui caratteristiche non potranno essere mai più replicate. E in questo c’è una grossa verità, che tuttavia non scopriamo solo oggi. Ciò che è stato, lo è stato perchè si sono verificate in quel preciso momento alcune condizioni del tutto uniche, che nemmeno in laboratorio riusciremmo a replicare. E il futuro? Beh, il futuro, oggi, nelle nostre case, nei nostri pensieri e nei nostri discorsi è quasi un tabù. Non esiste più il lunedì, il martedì, il mercoledì....ma esiste la mattina, il pomeriggio e la sera. È come se fossimo inchiodati nel presente, come se oltre a non mettere il naso fuori di casa non ci arrischiassimo a metterlo nemmeno nel futuro. E questo è estremamente rischioso. Il punto è che semplicemente non possiamo permetterci di arrivare impreparati all’appuntamento con il futuro. Perché in un modo e nell’altro un futuro ci sarà. Questo tempo che per molti è un tempo sospeso e che induce all’immobilismo e all’attesa, è in realtà un tempo da vivere. Un tempo in cui si può (e si deve) iniziare a costruire ciò che ci aspetterà quando tutto questo sarà finito.
E allora proviamo a sfruttarlo questo tempo. Creiamo, pensiamo, progettiamo, fantastichiamo, sperimentiamo. Rovesciamo come un guanto le nostre convinzioni, le nostre certezze e, perché no, le prospettive di vita e lavorative che avevamo fino a un mese fa. Prospettive a cui ci eravamo abituati, che magari nemmeno ci soddisfacevano perché “tanto ormai è così” e che se da un lato ci regalavano certezza, dall’altro ci precludevano la possibilità di generare visioni alternative. Ecco allora che abbiamo l’occasione di ripensare a noi stessi e di utilizzare questo tempo per essere produttivi e gettare le basi, non tanto per ciò che ci aspetterà, ma per ciò a cui daremo vita. E anche se poi tutto tornerà alla normalità, anche se le nostre vite non usciranno dai binari abituali e non subiranno nessuno scossone, avremo fatto un ottimo esercizio. Ci saremo allenati ad essere mentalmente flessibili, a sviluppare nuovi scenari e avremo coltivato la più grande risorsa di cui è in possesso l’essere umano: la capacità immaginativa. Poco importa se quanto immaginato rimarrà chiuso in un cassetto. Ciò che conta è esserci presi cura di noi stessi e del nostro tempo, avere la consapevolezza della propria generatività e renderci conto che, se vogliamo, possediamo le risorse per cambiare il corso degli eventi. Che in un’epoca in cui ci troviamo a combattere contro qualcosa di invisibile e che sfugge a qualsiasi controllo, non è poco.